A proposito di monoscocca

Il termine monoscocca non passa mai di moda. E’ stato chiamato in causa persino da Elon Musk nella presentazione del Cybertruck di Tesla ed è ormai ampiamente utilizzato in una grande varietà di settori.

Il termine monoscocca viene dal francese monocoque, letteralmente “singolo guscio” ed è stato introdotto originariamente nell’ambito delle imbarcazioni [1-3], quindi trasferito ai primi aeroplani per approdare infine al mondo automobilistico grazie ad André Gustave Citroën [4,5]. In generale, nell’ambito di qualsiasi veicolo chiuso, un monoscocca è un guscio strutturale in grado di rispondere ai carichi esterni tramite le tensioni (gli stress) che si generano sulla pelle esterna senza bisogno di un telaio che svolga questa funzione. Tanto più il guscio è chiuso e costituito da una singola parte (mono), tanto più efficace sarà nella sua funzione strutturale, proprio come avviene per un guscio d’uovo (coque), così fragile da frantumarsi tra le dita una volta spezzettato, ma così resistente da richiedere un colpo deciso per romperlo fintanto che è integro. Con il tempo, il termine monoscocca è stato poi “annacquato” e rivisitato in mille chiavi di lettura e interpretazioni, talvolta chiamato in causa a sproposito, generando non poca confusione e prestandosi ad alcune astuzie del marketing, come nel caso del ciclismo.

 

Declinato nel mondo dei telai ciclistici in fibra di carbonio il termine monoscocca perde inevitabilmente il suo legame con la parola “scocca”, dato che la bicicletta da corsa non è certo un veicolo chiuso. A pensarci bene, la stessa espressione “telaio monoscocca” sarebbe un ossimoro se si riferisse ad un “guscio che non necessita di un telaio interno”: come potrebbe esistere un telaio che non ha bisogno del telaio? Al limite, restando nella galassia dei pedali, il significato originale di monocoque potrebbe applicarsi ad alcune soluzioni costruttive per le biciclette reclinate carenate, i cosiddetti streamliner, che avendo un guscio esterno con funzione aerodinamica, possono essere progettati in modo tale da conferire a questo anche compiti strutturali. Stesso universo dei veicoli a propulsione umana in cui ricade anche la bicicletta, stessa galassia dei pedali e della muscolatura delle gambe, ma altro sistema solare rispetto alla bici tradizionale.

Tornando su questo pianeta, nell’industria ciclistica il termine monoscocca assume una connotazione molto diversa e indica un processo realizzativo che avviene “in un sol pezzo” tramite l’impiego di uno stampo. Anche qui, come ben spiegato in [6-8], esistono almeno un paio di sfumature: monoscocca integrale “carro incluso” (più raro) oppure riferito al solo triangolo principale (più comune), ma in entrambi i casi il comune denominatore è il processo costruttivo “in un sol pezzo” tramite uno stampo, che esclude l’impiego di tubi preformati (salvo per il carro nel secondo caso) e poi congiunti in una seconda fase di processo mediante incollaggio, fasciatura o co-moulding che sia.

 

 

 

 

Che cosa cambia? Più di quel che si immagina. Il design e la forma anzitutto, che trovano forti limitazioni nei processi con tubi preformati da tagliare. E poi la stratificazione dei preimpregnati fatta su un singolo stampo offre possibilità di ottimizzazione che sfumano là dove si devono unire tubi già fatti e finiti. Il rovescio della medaglia è che, almeno fino ad oggi, l’impiego di uno stampo impedisce la costruzione di telai su misura che siano veramente monoscocca: per il su misura sono ancora necessari tubi preformati e tagliati ad hoc da unire in un passaggio successivo. Il passaggio può essere più o meno evoluto dal punto di vista tecnologico, può avvenire coinvolgendo nuovamente degli stampi e risultare in un prodotto gradevole e strutturalmente efficace al punto da sembrare un monoscocca all’occhio inesperto, ma tra sembrare ed essere resta una netta linea di demarcazione.

Perchè Gregario vi sta parlando di monoscocca? Ve lo racconteremo in una delle prossime puntate, restate sintonizzati e quando vi imbattete in qualcuno che vuole vendervi un telaio monoscocca aguzzate la vista… se proprio non sapete trovare e comprendere i suoi brevetti osservate almeno con attenzione i dettagli costruttivi e le foto dei processi che divulga: insomma occhio ai tubi preformati e al co-moulding, che certamente offrono i loro vantaggi e non sono affatto tecnologie da snobbare, ma è corretto pretendere che non vengano spacciati per monoscocca.

  1. www.motorcycleclassics.com/more-classic-motorcycles/
  2. en.wikipedia.org/wiki/Monocoque
  3. it.wikipedia.org/wiki/Scocca#Tipologie
  4. www.autoappassionati.it/telaio-scocca-cosa-sono-differenze
  5. www.repubblica.it/motori/sezioni/classic-cars/2018/06/04/news/citroen_la_monoscocca_che_cambio_la_storia
  6. www.cyclinside.it/web/monoscocca-vero-guardate-la-lavorazione-di-swi
  7. www.cyclinside.it/web/telai-per-bicicletta-monoscocca-o-full-carbon
  8. www.cyclinside.it/web/differenze-tra-monoscocca-e-fasciato

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Blog | 29 Marzo 2024

Fatto a mano

In Gregario coltiviamo da sempre stima e rispetto per la tradizione telaistica artigiana del nostro bel Paese, quella che si dedica ad una nicchia di prodotto “classico” intramontabile, con l’acciaio in primis, ma anche con il carbonio fasciato e altre tecniche tipiche dell’atelier.

Dunque lunga vita agli artigiani telaisti e a chiunque si dedichi a preservare e tramandare una ars technica nobile e affascinante!

Ciò premesso, ci è capitato di incrociare recentemente alcuni post social di diversi stimati artigiani della bicicletta che esaltando le (indubbie) qualità dei propri telai mettono il loro “fatto a mano” in contrapposizione ai telai “stampati” in carbonio monoscocca. Detta così sembra una rivendicazione più che legittima, ma questa narrazione induce una disinformazione importante su COME vengono effettivamente prodotti i telai “stampati”… vale a dire con un lavoro manuale decisamente più impegnativo e oneroso di qualsiasi tecnica di giunzione degli otto tubi.

Eh già, perchè non stiamo parlando di stampare biscotti, bensì di disporre accuratamente oltre 200 sagome di tessuto (carbonio preimpregnato) all’interno di uno stampo. Parliamo di ritagli che vanno dalla pezza “lunga” 40 cm a francobolli di pochi cm, che devono essere posizionati a mano secondo uno schema preciso (il cosiddetto ply-book), con sovrapposizioni accurate, risvolti da gestire e direzioni della fibra da rispettare. E questa è soltanto una buona metà del lavoro, perché poi, a seconda della tecnologia di cura della resina utilizzata, ci sono una serie di ulteriori operazioni da fare, sempre rigorosamente a mano.

Nel caso dell’autoclave (tecnica più diffusa in Europa) è necessario disporre con estrema cura i sacchi interni, chiudere i due semistampi senza “pizzicare” nulla, disporre una serie di materiali ausiliari, chiudere il sacco esterno, applicare il mastice per collegare i sacchi interni con l’esterno e così via fino al momento in cui tutto viene mandato a temperatura e pressione. Inoltre, finita la “cottura”, si procede, ancora una volta a mano, con l’apertura dello stampo, l’estrazione del pezzo e fasi di finitura. Tutto ciò con una serie di possibili varianti operative in cui non ci addentriamo.

Dunque non c’è niente che sia più “fatto a mano” di un telaio monoscocca in carbonio.

Blog | 11 Agosto 2023

Pedalare Meditando

Ogni pedalata ben riuscita è prima di tutto un’attività di meditazione.

Ci si trova, prima o dopo, durante il percorso, ad entrare in una sorta di trance: i polmoni ventilano, il cuore pompa, la memoria muscolare ingrana il pilota automatico: intensità, tempismo, coordinazione, riflessi. Il cervello a questo punto deve “solo” tenere d’occhio le buche e gli altri utenti della strada (e non è poco), ma, considerata la potenza di calcolo disponibile, si ritrova mediamente disoccupato. I problemi quotidiani vengono improvvisamente convocati ad una riunione mentale rapida e risolutiva: si risolve ciò che è risolvibile, si ridimensiona ciò che non è importante, si apre un improvviso sguardo “laterale” su ciò che pareva insolubile. La doccia al rientro consolida i pensieri, fissa le idee fondamentali e siamo pronti per affrontare nuove sfide personali e professionali.

Tutto questo però succede solo ad una condizione: l’assenza di dolore. La fatica non è un problema, quella fa parte del gioco, è voluta e desiderata dal ciclista, ma il dolore è tutta un’altra storia, il dolore rovina tutto. Un ginocchio che si infiamma, un fastidio insistente al collo o un bruciore inatteso all’inguine possono compromettere tutto il piacere meditativo. Il cervello non riesce a focalizzarsi su altro: “magari se arretro un po’ sulla sella… no, ora provo in piedi… niente da fare, torno ad impugnare alto… nulla, magari uno sprint aiuta a sbloccare, macchè… che faccio? Mi sa che devo rientrare”. Obiettivo mancato e conseguente delusione.

Poi magari si aspetta qualche giorno, anche una settimana e si riprova. E che frustrazione quando quel dolore torna a farsi sentire, magari dopo qualche decina di km in cui ci ha lasciato covare l’illusione di una pedalata ben riuscita. Anche nell’ipotesi di abbassare il ritmo e concludere senza acciacchi le uscite seguenti, lo stato mentale è compromesso: si passa il tempo ad ascoltare i nervi, a registrare ogni minimo segnale, nel timore di riconoscere nuovamente l’inizio di quel dolore.

Nel peggiore dei casi si entra in un loop di visite mediche, sessioni di bike-fitting, cambi di sella/manubrio/attacco/riser/tacchette/regolazioni/ecc. E in tutto questo ci si ferma ad un certo punto a pensare: dov’è finito quel piacere di inforcare la nostra fedelissima, imboccare la strada ed entrare rapidamente in quella bolla di meditazione?
Chiunque abbia conosciuto questo percorso sa che un telaio su misura rappresenta la soluzione più efficace e duratura. Un telaio su misura è progettato per adattarsi alle caratteristiche fisiche e morfologiche del ciclista, garantendo una postura ottimale, una distribuzione equilibrata del peso e una minore pressione sulle articolazioni. Grazie a questa personalizzazione, il rischio di dolore e infortuni si riduce drasticamente, permettendo di godere pienamente di ogni pedalata e mantenendo la mente concentrata sull’essenza del viaggio. Investire in un telaio su misura è investire nel proprio benessere fisico e mentale, ritrovando quella meditazione in movimento che rende il ciclismo una delle esperienze più gratificanti e liberatorie. Solo così, il ciclista potrà riscoprire il vero significato di quella bolla di meditazione su due ruote, dove il corpo, la mente e la strada si fondono in perfetta armonia.

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